Novembre 14, 2011In Roma, testi critici, rassegna stampa, 2011
Rassegna stampa

Vania Di Stefano | I colori di Trastevere e le alchimie di Quattrucci

di Vania Di Stefano
La Sicilia | 14 novembre 2011


Mentre guardo il suo quadro Rissa in Trastevere, del 1974, misuro il tempo e il debito che mi legano al suo autore, Carlo Quattrucci (1932-1980), e agli altri protagonisti della rissa avvenuta in Trastevere “Da Romolo alla Fornarina”, presso Porta Settimiana: Riccardo Tommasi Ferroni (1934-2000) e Alejandro Kokocinski, il più giovane del gruppo.
Non essendo pittore, ma suonatore di chitarra, imparai, vedendole applicate, le alchimie della creatività che cova gli umori nascituri entro quelli passati e presenti, mescolando alle banalità dell’esistenza quotidiana segni e colori strepitosi. E se la vita biologica passa, talvolta in modo crudele, gli umori delle tele alimentano una reazione a catena, chimica e psicologica, senza fine. Lo sento bene adesso mentre osservo il quadro esposto a “La Galleria nel giardino della Fornarina”.
Ciascuno dei tre rissosi protagonisti ha mescolato le proprie terre rare con quelle degli altri e il risultato è stato un concerto di lampi e ombre. Carlo era il più sensibile, perché imbevuto di una fragilità sognatrice e disarmante: quei tratti di bianco che segmentano la sua figura sdraiata sono l’umana radiografia di uno spirito vitale messo a dura prova dalle follie della società, ma infine vittorioso, al di là delle apparenze, per virtù di poesia: è lei la più rara fra le terre da impastare sulla tavolozza, quando si cerca il colore più vicino a quello del pensiero, capace di creare luci ed anche corpi, ma per l’eternità dell’arte non della carne.
Carlo era un pittore romano, dunque universale ed internazionale, leggero e tagliente, visionario e realista. Per lui un pappagallo non era meno importante di Francisco Franco e li ha ritratti entrambi, rubandone la vera anima, solare l’una, acherontica l’altra. Carlo stava bene in compagnia degli altri due, perché irrimediabilmente diverso da loro. La riscoperta di questo incredibile artista merita ben ulteriori appuntamenti e iniziative degne di Roma, una città che non misura il corpo, perché ammette fra le proprie braccia solo anime grandi, come quella di Carlo, che ora possiede anche noi che lo possediamo.