Febbraio 14, 1964In testi critici, dai cataloghi, 1964
Testi critici

Antonio Del Guercio | Prefazione al catalogo "Il pro e il contro"

di Antonio Del Guercio
Prefazione al catalogo
Galleria "Il pro e il contro" | Roma
14 | 28 febbraio 1964


Chi abbia conosciuto Carlo Quattrucci nelle sue prime prove su temi di notturni conversari tra ragazzi lambrettisti raccolti sotto i grandi pannelli della pubblicità, ora stenterà a riconoscerlo qui, in questa nuova presentazione che è stata preceduta da un intenso travaglio d’idee e di linguaggio. E chi – pur non essendo forse da meno di altri nell’esercizio delle letture formali della pittura – gli mantenne fiducia anche scorgendo, in quelle prime prove, tutte le scorie e le rozze approssimazioni, oggi può trarre da questa mostra un particolare compiacimento: non verso se stesso, questo è certo, ma per il pittore, e per certe idee, comuni a un ambito di pittori e di non pittori, che permettono d’intravedere, al di là delle debolezze dei primi inizi, le possibilità, fondamentali, le particolari probabilità, derivanti anche dall’intensità e dalla pulizia morale dell’impegno artistico e umano. Quali fatti dell’arte contemporanea italiana abbiano interessato e interessino Quattrucci, non c’è bisogno di dirlo in parole qui, tanto quegli interessi sono dichiarati nelle tele, con il coraggio della sincerità. E senza servilismi. Che è quel che importa; poiché è da questo punto infatti, che sulle tele di Quattrucci viene condotto un discorso di cui non si può negare che è suo. È una tenerezza lirica priva di sbavature sentimentali, e che perciò può affrontare temi grossi – di tortura, ad esempio – senza che questi ne ricevano una flessione o retorica o di fasulla angoscia. Semmai, l’accento batte pacato e intenso, come un tenue fuoco notturno, su una ricerca di espressione sobria della umana dignità. Lo stesso accento lirico e severo, può trapassare, al di là della tematica stessa, da un quadro sulla tortura a un paesaggio, da un nudo di donna a un autoritratto. L’andiamo ripetendo da qualche tempo: c’è qualcosa di nuovo, e di particolarmente vitale, nel settore della pittura italiana che ha saputo trarre dalla propria meditazione sui fatti della tendenza realistica negli anni dal 1949 al 1954 nuove ragioni, più fondate, per asserire la validità d’una ricerca che abbia un preciso senso umano; una ricerca che non si pieghi a quell’oscillazione tra evasioni compiaciute e disperazioni inarticolate nella quale sembra, tutto sommato, consistere la poco varia vicenda dell’arte che sta sulla cresta dell’onda ufficiale. E ora, crediamo di poterlo ripetere più forte, poiché siamo in presenza di fatti nuovi, di nomi nuovi che non possono più non essere criticamente omologati.
Noi per quanto ci riguarda, riteniamo di poter criticamente omologare un pittore come Quattrucci. Perché la sua ricerca va prendendo corpo, e va assumendo quel timbro d’autonomia poetica, in assenza del quale certo non bastano le idee in comune a permettere una chiara e franca segnalazione. Questa autonomia ci sembra di poterne indicare le garanzie più serie nella ricerca formale ed espressiva del giovane pittore: che è ricerca di una materia pittorica intensa e suggestiva, pur restando estranea ad ogni compiacimento puramente sensuale che è ricerca di strutture coloristiche non mortificate ma non esteriormente accese; che è ricerca di soluzioni figurative la cui chiarezza emozionale, è allusiva, ma non cronistica; che è ricerca di un disegno che abbia prestigio ed eleganza, e che al tempo stesso mantenga entro le sue linee pure un sentimento bruciante. Una ricerca che, infine, egli sa condurre con rigorosa tenacia, attraverso un processo consapevole di depurazioni e di riduzioni all’essenziale di cui fornisce alcuni esempi probanti. Questo gruppo di tele, questi disegni, s’impongono all’attenzione perché, crediamo, anche chi li guardi senza aver assistito al processo lungo del quale sono la risultante, si rende conto del fatto che Quattrucci ha saputo togliere con coraggio, fermandosi solo nel momento in cui il più vero nucleo poetico s’offriva limpido alla luce.
C’è poi un’altra garanzia che vorremmo dare, a proposito di Quattrucci e del gruppo di nomi nuovi che ci sembra giusto segnalare a chi intenda partecipare in qualche modo alla nascita, forse, d’un episodio nuovo della pittura italiana viva; ed è la volontà di pittura, la pervicace ostinazione a credere in una nuova verifica delle possibilità effettive della pittura moderna entro il mondo moderno. Sarà, come si dice, una garanzia estrinseca ai fatti espressivi. È certo, in linea generale, e estrinseca: ma se si tiene conto del clima nuovo che attorno alle novità di questo settore della pittura italiana si va formando, allora anche quella garanzia acquista un suo valore, e quel che c’è di vero nei quadri di oggi prende un forte sapore di premessa d’una crescita prevedibile in una linea di non azzardate ipotesi.