Giugno 29, 1973In testi critici, dai cataloghi, 1973
Testi critici

Antonello Trombadori | Quattrucci appartiene a quel gruppo (...)

di Antonello Trombadori
4 Premio Mazzacurati
Casa della cultura | Teramo
29 giugno | 29 agosto 1973


Quattrucci appartiene a quel gruppo di giovani artisti romani che son venuti formandosi, con qualche faticoso ritardo rispetto alla loro stessa età anagrafica, negli anni che vanno dal 1956 al 1960. Una formazione difficile, presa nelle alterne e laceranti vicende di fatti politici e di fatti culturali il cui drammatico, eppur eroico epicentro si colloca appunto in quel torno di tempo: diciamo la conferma critica della propria adesione al socialismo come prospettiva rivoluzionaria, a cavallo dei fatti di Ungheria e del XX Congresso, e la conferma critica della propria adesione al realismo come metodo e come tendenza creativa, nel quadro della definitiva caduta di ogni mito celebrativo e di ogni generico adempimento naturalistico o illustrativo.
Mi pare che, in tale contesto, Carlo Quattrucci abbia avuto, al tempo stesso, una encomiabile modestia e un occhio abbastanza lungo per comprendere a quali fili occorreva tenersi saldi per evitare le spire d’una nuova, ben più arida e pericolosa retorica delle forme. Diciamo prima qualcosa del suo occhio lungo. Ha visto che per un giovane pittore il quale volesse riproporsi tutti e tutti insieme i massimi problemi dell’avanguardia storica non c’erano da fare né sommarie tabulae rasae, né altezzosi salti all’indietro. Piuttosto una scelta: quella della elezione, tra tutti i possibili e necessari ripensamenti neoavanguardistici, della via difficile di una pittura la quale non s’appaghi unicamente né del gesto, né dell’ideogramma, né del simbolo, né dell’allusività letteraria della forme, ma insita sul terreno della fattura manuale, del piacere, diciamo pure, di verificare, in perenne colloquio con la realtà e con se stessi, il valore autonomo delle forme e dei colori, la validità di un linguaggio che è solo pittorico laddove è linguaggio d’immagini, laddove è invenzione di spazio, di tempo, di luogo, di circostanziata ed effettuale consistenza plastica. La modestia di Quattrucci consiste, invece, nell’aver saputo dimensionare queste scelte critiche alla stregua delle sue emozioni più autentiche, del suo effettivo respiro umano, al di là di ogni pregiudizio e di ogni ricatto della cosiddetta ideologia dell’angoscia.