Testi critici
Alberto Sughi | Con un sentimento di sottile inquietudine (...)
di Alberto Sughi
Dal catalogo della mostra retrospettiva di Carlo Quattrucci
Dicembre 1992 | Gennaio 1983
Con un sentimento di sottile inquietudine salivo le scale che portavano allo studio di Carlo Quattrucci. Era la prima volta che andavo da lui e la naturale curiosità si esercitava ad osservare la luce incerta, il muro che non tiene l’intonaco, la ripida rampa…
io e Carlo Quattrucci ci conoscevamo da parecchi anni, ma non avevamo mai avuto l’occasione di frequentarci abbastanza per diventare amici.
Adesso questa occasione sembrava essere arrivata dato che mi ero stabilito a Roma e che, tutti e due, avevamo rapporti con la stessa galleria. Carlo mi aprì la porta e mi fece entrare; rimanemmo nello studio circa un’ora prima di andare a cena con amici in una trattoria di Trastevere.
A tavola si parlò molto; fu una bella serata, proprio di quelle che sanno vivere solo i pittori quando si sentono amici; si chiacchiera di tutto con estrema naturalezza, senza circospezione e si beve anche con allegria.
Nello studio Carlo mi aveva mostrato i quadri che avrebbe esposto in una grande mostra alla Gradiva: sono quadri in cui appare una Roma impensata e quasi indecifrabile; una Roma immobile sotto un cielo scuro, una Roma avvolta in un silenzio strano e severo.
Non c’è la traccia di qualsiasi suggerimento che provenga dalla scuola Romana: altri colori, altre cadenze, altre intenzioni.
L’emozione quasi non appare trattenuta com’è dalla severità della forma; lo stile ha cadenze didattiche che si stemperano in un’aria metafisica. La luce, i ponti, i gabbiani diventano tessuto pittorico dimenticando di essere nel cielo, sul fiume, nel vento.
Vidi Carlo dopo la mostra alla Gradiva; mi regalò la sua monografia dedicandomela con le parole gentili dell’amicizia vera. Ora è facile pensare che la sua pittura, qualsiasi male oscuro egli si fosse portato dentro, gli ridonava ogni ragione per vivere.
O lui non se ne accorse o non volle raccogliere l’invito che partiva da lui stesso.
Per molto tempo siamo rimasti annichiliti, senza capire; le risposte che sapevamo darci erano sempre in difetto rispetto a ciò che era accaduto.
Oramai e giusto guardare quietamente alla sua opera di artista. Al di là della sua terribile testimonianza, al di là del nostro doloroso stupore, prenderemo coscienza di essere davanti ad una espressione permeata di tensione di rigore di vita.