Gennaio 24, 1983In rassegna stampa, 1983
Rassegna stampa

Marcello Marrocco | Le opere di Quattrucci ritornano nella galleria che ospitò l’ultima mostra

di Marcello Marrocco
Corriere della Sera | 24 gennaio 1983


Fu poco tempo dopo la sua ultima mostra romana che Carlo Quattrucci prese la disperata decisione di uccidersi. Un colpo di pistola, un atto assurdo e definitivo per gridare la propria pretesta contro l’ingiustizia, contro l’indifferenza degli uomini. Fu un gesto di violenza contro sé stesso: l’unico che gli artisti, anche i più ribelli e rivoluzionari, sono disposti a compiere.
Ed è a quasi tre anni di distanza da quel colpo di pistola, che le opere di Carlo Quattrucci vengono riproposte al pubblico romano in un’antologica ospitata nelle sale della Galleria La Gradiva.
Quella stessa nella quale l’artista espose per l’ultima volta: una galleria del centro storico, di quella vecchia Roma che Quattrucci tanto amò e che considerò “sua”. Il legame con il passato in questo pittore torna sempre prepotente, quasi soffocante, così vivo da far credere che almeno in sogno egli abbia vissuto intensamente le epoche e le vicende di cui parla nelle sue tele.
“Ho sofferto molto nel preparare questa mostra. Soprattutto le prime fasi dell’organizzazione sono state particolarmente dure. Il rivedere questi quadri, il rivivere verti momenti, ha risvegliato un grande dolore, una pena mai del tutto sopita, ha riaperto ferite che forse non potranno mai completamente rimarginarsi”.
Maria José Quattrucci parla con voce sommessa del marito, dell’uomo e dell’artista che era. “Ma ora che tutto è pronto, nel tornare ad ammirare queste opere, molte delle quali erano qui, in questa galleria, quando Carlo mi ha lasciato, provo una grande gioia. Mi sembra quasi che qualcosa di lui stia tornando a vivere”.
Il suicidio di Quattrucci suscitò molta impressione nel mondo artistico romano. Il pittore era conosciuto oltre che per sue qualità artistiche, anche per la sua gioia di vivere, per la sua dolcezza.
Lo credevano tutti un uomo incapace di essere infelice. Quella sua morte improvvisa, in quel pomeriggio del 28 aprile di tre anni fa, svelò aspetti sconosciuti della vita dell’uomo e dell’artista.
“Mio padre ha avuto solo un grande torto: ha creduto che era possibile fare qualcosa per salvare il mondo. Era il poeta di un’ideale che va sempre più naufragando”. Tiziana Quattrucci parla di suo padre artista e nelle sue parole c’è una profonda amarezza. “Dipingo anch’io e anch’io come mio padre ho imparato ad amare certi ideali, ma cerco di essere meno vulnerabile di lui, faccio di tutto per non rimanere ferita profondamente come invece avveniva molto spesso in lui”.
Sulle pareti della galleria La Gradiva sono esposte in questi giorni le opere migliore dell’artista. Un’antologica imponente voluta e organizzata oltre che da Maria José Quattrucci, anche dal critico Dario Micacchi e da Antonio Russo, il gallerista che fu tra i primi a capire il pittore e a essergli sinceramente amico. E questo sentimento Antonio Russo lo manifesta con commosse parole nella prefazione alla ricca monografia edita in occasione della mostra: un ricordo sognato dell’amico e delle sue qualità umane oltre che artistiche, un piccolo inno a un sentimento che, con tante altre cose, è sempre più difficile scoprire negli uomini.